Paolo Speranza's blog

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La persone al centro: ma è davvero questa la chiave?

Pubblicato il 9 maggio 2023 su risorseumane-hr.it

“La persona al centro”
Credo che ciascuno di noi, da qualsiasi prospettiva di business guardi, ha sentito fino allo sfinimento questa frase, uno slogan sbandierato e spesso vuoto, una direzione annunciata e spesso non intrapresa.
Ma davvero questa “persona” che tutti vogliono mettere al centro è felice di esserlo, ammesso e non concesso che l’intenzione ostentata sia poi agita? 

Leggi il mio articolo pubblicato qui:

L’innovazione nella storia delle Assicurazioni

In occasione delle Mostre itineranti, in Italia e in Europa, della Fondazione Mansutti, istituzione unica nel suo genere, che valorizza il patrimonio storico delle Assicurazioni, sono state realizzate delle guide in modalità mediatica particolare, un mix di audio scritto e narrato, suoni, musiche e immagini originali.

La Fondazione deve molto al suo fondatore, l’appassionato collezionista Francesco Mansutti, il cuore entusiasta di tutto il lavoro di raccolta internazionale che dura da decine di anni.

Al momento la Mostra è a Genova, sebbene, a causa dell’emergenza in atto, non sia visitabile.

Le audio/video guide permettono di entrare nell’atmosfera storica dell’argomento trattato e di comprenderne i significati, nonchè rendere piacevole e più interattiva la visita.

Eccone un esempio:

Premio letterario

Mi è stato conferito il terzo premio alla quinta edizione del Concorso Letterario Albatium 2018 – Albiate (MB), nella sezione “prosa libera”. L’opera premiata è un racconto dal titolo “Un biglietto per il futuro”.

Facciamo qualcosa di nuovo

Non c’è bisogno di fare qualcosa di eclatante. Ci basta vivere quello che facciamo già di consueto con un tocco di originalità.

Provate un piccolo esperimento.

Immagino che prendiate sempre un treno o un bus, o vi dirigiate in auto sempre nello stesso posto, magari per andare al lavoro, che facciate sempre lo stesso tragitto, con le stesse modalità.

Anziché vivere con la consuetudine dell’abitudine, con un pilota automatico sempre inserito, provate a variare qualcosa, anche solo una piccola cosa. Magari scendete ad una fermata diversa, facendo un tragitto inedito, oppure cambiate leggermente strada in auto o a piedi. Prendetevi 5 minuti in più, cercando di essere ben presenti a voi stessi, al tempo ed allo spazio che vi circonda, a ciò che vedete, sentite o odorate. Vi accorgerete di esserci, di ciò che non avete mai visto o a cui non avete mai fatto caso, e di molto altro di personale che scoprirete voi stessi.

Provate. Poi non dimenticate ciò che provate, al contrario, assaporatelo liberamente, con consapevolezza.

Accettare di re-incontrare noi stessi è come una boccata d’ossigeno nuovo nei nostri polmoni.

A volte facciamo tutto per bene

A volte facciamo tutto per bene, ascoltiamo noi stessi e crediamo di aver indirizzato al meglio i nostri passi, pensiamo di aver colto nel modo migliore che sappiamo le opportunità intorno a noi, riteniamo di aver seminato con cura i germogli del nostro futuro, eppure lo stesso non otteniamo nulla. Non ci sono risultati, ci sembra che il contesto sia immobile ed indifferente, che i nostri sforzi siano vani. E non sappiamo capirne il perché.

Accanendosi non ricaviamo nulla di più, potremmo anzi peggiorare le cose. Ci sembra di essere impotenti.

Credo che tutto ciò sia capitato ad ognuno di noi, e magari capita proprio in questo momento della nostra vita. I flussi del vento e delle occasioni seguono la loro corrente e ci sembra di esserne esclusi.

Ovviamente ognuno di noi sbaglia, è naturale e salutare errare, eppure non riusciamo ad afferrare i nostri errori. Forse perché non ci sono sostanzialmente errori. Forse perché quello che cerchiamo di fare al momento non ha una prospettiva né uno spazio, è semplicemente così.

E alla fine questa autonomia del flusso rispetto alla nostra volontà ci rende liberi. Sì, liberi, perché ci permette di essere realmente chi siamo e di seguire davvero il nostro essere, visto che sembra che poco di quel che facciamo influisca sul futuro immediato. Forse è controintuitivo, ma pensate a quanta libertà ci offre. Se tanto non cambia nulla nel fare una cosa o l’altra, perché mai non fare ciò che ci piace e dedicarci al nostro essere in piena libertà?

Lasciar andare la presa, lasciarsi aperti al futuro senza piegarsi all’ossessione del risultato, sono straordinarie armi di felicità e ci riserveranno certamente sorprese, probabilmente molto più adatte a noi stessi rispetto a ciò che ostinatamente stavamo cercando.

 

Propongo questo breve brano, tratto da un vecchio cartone animato di ispirazione biblica, “Giuseppe”. Poeticamente, esprime una riflessione simile alla nostra.

Imparare a ridurre la complessità utilizzando la rappresentazione a grafo

Le informazioni che ci circondano sono troppe e afferrarle ci richiede energie e sforzi, che ci distolgono da ciò che è veramente essenziale. In primo luogo, quindi, è bene ridurre la complessità, utilizzando una rappresentazione matematica, quella dei grafi, e avvalendosi del parallelismo con il modo di funzionare e di correlare della mente umana. Oltre a semplificare la nostra visione del mondo, è possibile creare nuove aggregazioni fra i dati e le potenzialità che ci circondano. Un percorso di esplorazione, comprensione e rappresentazione, utile a semplificarci la vita, costruendo il nostro grafo personalizzato.

Uno sguardo sul mio Metodo dell’Essenzialità.

 

Ecco un estratto:

Credo sia ormai un cliché consolidato quello dell’omino schiacciato dalla mole di dati, potenzialità e opportunità che il nostro attuale mondo propina. A volte l’omino è rappresentato con un troneggiante e gigantesco punto interrogativo; a volte immerso in migliaia di numeri e formule incomprensibili; a volte in fuga; a volte estasiato di fronte allo spettacolo del caos, ma bloccato dal non sapere cosa farsene. Si tratta di vignette simpatiche quanto inquietanti e soprattutto rispecchianti con ironia una realtà che tutti abbiamo toccato con mano. È una sensazione molto comune, a livello sia personale sia organizzativo.

Rassicurarci di non essere soli è un piccolo sollievo, ma non aiuta concretamente. Sentiamo il bisogno di tornare all’essenziale. Ma che cosa significa veramente? Possiamo permetterci di perdere ciò che di prezioso ci offre questo mondo, in virtù del fatto che ci fa sentire smarriti e disorientati?

Abbiamo compreso che la vastità delle informazioni e delle potenzialità non è stata portatrice di benessere né di crescita, almeno non nella misura in cui ci era stata fatta presagire. Il mondo non è diventato un paradiso di opportunità. Non conta il volume degli stimoli, infatti, ma conta avere del materiale su cui lavorare e su cui concentrarci, per il nostro futuro.

Di stimoli siamo davvero pieni: internet e i media in generale ci bombardano di immagini, video, parole, suoni e contenuti multimediali, le persone intorno a noi sono esse stesse fonte di sollecitazioni. L’evoluzione non ci ha modellati per gestire tutto questo. Dall’altra parte, però, le opportunità di conoscenza e realizzazione sono elevate e intuiamo che non dovremmo perderci la possibilità di sfruttarle.

Quando il dilemma è posto in questi termini ci appare di difficile soluzione. In realtà io credo, invece, che una soluzione ci sia e che, tutto sommato, non si tratti di un dilemma, ma di una prospettiva distonica: la teoria dei grafi può venire in aiuto.

Descrivere il nostro mondo con la rappresentazione a grafo

La rappresentazione a grafo non è certo recente. Fu applicata per la prima volta nel 1736 a opera di Eulero. Oggi è ampiamente riscoperta per via dei social network e, in generale, delle reti di dati. La semplicità e la potenzialità di tale sistema di rappresentazione sono allettanti, soprattutto se ci soffermiamo sulla base teorica, senza ambire ad applicarvi le formule matematiche di calcolo, almeno non in prima battuta. La teoria dei grafi è una teoria matematica da cui si può estrarre con relativa facilità un utile approccio.

Il nostro cervello è molto complesso, ma anche molto semplice nel suo funzionamento concettuale: i neuroni sono assimilabili ai nodi, ovvero gli elementi che costituiscono il grafo, mentre le sinapsi svolgono la funzione degli archi, le linee di collegamento fra i nodi. I ricordi, le idee, le percezioni, le interpretazioni, le emozioni, i pensieri, sono tutti pattern, cioè quadri e percorsi di aggregazione tra neuroni.

(…)

Ridurre la complessità

Occorre comprendere ciò che è importante per noi, rilevante, realmente significativo: in una parola, ciò che è essenziale. È questo il concetto su cui è modellato il Metodo dell’Essenzialità. Se riusciamo a distinguere ciò che è essenziale, al di là delle fonti da cui le caratteristiche derivano e al di là delle forme e delle strutture con cui giungono a noi, possiamo ridurre la complessità del mondo, senza perdere alcunché, semplicemente trasformando quelle caratteristiche varie e sparse in proprietà delle essenzialità. Nel linguaggio della teoria dei grafi, dobbiamo trovare le nostre entità, vederne le relazioni e convogliare le proprietà sui nodi e sugli archi. Come possiamo riuscirci?

(…)

 

Autore: Paolo Speranza

Pubblicato sul numero 123 Agosto-Settembre 2017 di “Persone & Conoscenze”, Este ed.

Trovi il sommario del numero a questo link: 

https://www.este.it/images/riviste/Sommari/Sommari_PeC/P&C_123_Sommario.pdf

Per leggere l’articolo completo acquista la versione .pdf scrivendo a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434419), oppure acquista la copia singola numero Persone & Conoscenze n.123 Agosto-Settembre 2017 su https://www.este.it/abbonamenti/copia-singola-numero-arretrato-persone-conoscenze-2.html.

Non dobbiamo temere il cambiamento, è la strada per lo sviluppo organizzativo

Il cambiamento fa parte della nostra esistenza: è parte di noi e per questo non dobbiamo temerlo. Affrontiamolo con le nostre caratteristiche, modalità e potenzialità, calandolo nel nostro contesto. La resistenza al cambiamento è un ottimo antidoto per non farsi distrarre dal caos: rispettiamolo senza farci ostacolare. Lasciamoci ispirare da modelli e schemi, ma ricordiamoci che è il nostro piano di sviluppo a guidarci al meglio.

 

Ecco un estratto:

“L’azienda deve adeguarsi alle richieste del mercato”; “Bisogna adattare la nostra organizzazione al business”; “I nostri prodotti non sono più in linea con le richieste dei clienti”; “Dobbiamo essere più produttivi e impegnarci di più”; “Dobbiamo andare d’accordo e lavorare bene insieme”; “Bisogna modificare il modo di lavorare del gruppo”. Ognuno di noi potrebbe scrivere centinaia di queste frasi. Vere, verissime, ineccepibili. Tutte rivolte al cambiamento, non c’è dubbio, anche se non esplicitamente. Tutte parlano di uno sviluppo, a titolo personale e organizzativo.

Bruno Bara nel 2009 ha scritto: “Si può capire tutto, ma cambiare nulla”. Usando una metafora olimpica possiamo disporci sulla linea di partenza al grido agognato di “adesso si cambia”, convinti –a livello superficiale– di poter scattare e correre verso una meta idealizzata nel momento in cui lo starter darà il via. Eppure molto raramente questo accade, almeno con le modalità che riteniamo di dover attenderci.

Perché tutto ciò? Siamo delle persone deboli e incapaci? Le nostre organizzazioni sono mal strutturate? I collaboratori sono maligni e inconcludenti? Oppure tutto avviene al di fuori di noi e non ne abbiamo colpa, né abbiamo potere di intervenire? Facciamo un passo indietro. Ognuno di noi è prezioso e unico nel suo modo di essere. E questo vale per la persona come per l’organizzazione. Il valore e l’unicità di ognuno di noi non dipende da quanto riusciamo a realizzare e a esprimere, ma dalla nostra essenza. L’essenza, in effetti, è l’unica cosa che non cambia. Tutto il resto sì: la nostra biologia, il contesto in cui viviamo, le persone che incontriamo, ciò che facciamo e il modo in cui lo facciamo. Il cambiamento è una componente fondamentale e imprescindibile della nostra esistenza.

Abbiamo però bisogno di schemi e modelli per muoverci, altrimenti ci sentiremmo dispersi nel caos. Evolutivamente per questo abbiamo sviluppato la resistenza al cambiamento, un ottimo antidoto per continuare a operare secondo percorsi risultati efficaci, senza farsi distrarre dalle migliaia di stimoli che giungono ogni giorno alla nostra mente.

(…)

 

Autore: Paolo Speranza

Pubblicato sul numero 114 Agosto 2016 di “Persone & Conoscenze”, Este ed.

Trovi il sommario del numero a questo link: https://www.este.it/images/riviste/Sommari/Sommari_PeC/P&C_114_Sommario.pdf

Per leggere l’articolo completo acquista la versione .pdf scrivendo a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434419), oppure acquista la copia singola numero arretrato Persone & Conoscenze n.114 Agosto 2016 su https://www.este.it/abbonamenti/copia-singola-numero-arretrato-persone-conoscenze-2.html.

Un augurio di Buon Natale

Tanti auguri a tutti con questa mia piccola animazione:

Una piccola storia di frustrazione

Una piccola animazione da me realizzata sulla tematica della frustrazione.

 

 

Biografia

Ho un’estrazione in apparenza dicotomica: “Informatica” nei primi anni di studio, laurea in “Psicologia” all’Università La Sapienza di Roma e in “Scienze della Mente” all’Università di Torino. Dico in apparenza, perchè in realtà questo binomio particolare non rappresenta per me fonte di attrito, ma di ricchezza.

Il percorso lavorativo variegato, infatti, mi ha permesso di ricoprire ruoli diversi nella mia storia, che spaziano dalle figure IT di sviluppatore, analista tecnico-funzionale, team leader e supervisor, a quelle di raccordo come project manager, consulente di processo, account manager, a quelle di vertice, come presidente, socio, dirigente, a quelle di focus psicologico e comunicativo, come Head of People & Innovation, HR manager, formatore, coach, comunicatore e scrittore.

La definizione di people & innovation manager è forse quella che mi è più cara e che racchiude in sè un po’ tutte quante le competenze che credo di avere, da quelle meramente tecniche a quelle più creative e psicologiche.

Di tutto ciò porto dentro di me la capacità di guardare secondo punti di vista eterogenei, con percezioni di status e potere anche antitetiche e con focus su aspetti tra loro molto diversi. Uno sguardo aperto e critico che custodisco gelosamente, anche se non sempre è facile usarlo in tutti i contesti come elemento di condivisione.

I domini principali sono relativi al mondo delle assicurazioni, delle telecomunicazioni e dei data center, ma sono lo spirito e lo sguardo libero a contraddistinguere l’innovazione, piuttosto che l’ambito applicativo. Spesso le due parti si toccano e si uniscono, non sono in contrapposizione né mai davvero disgiunte. Sono proprio gli elementi di libertà di pensiero ad essere fattori comuni.

Sono anche un formatore. Le tematiche sono l’innovazione, il cambiamento e lo sviluppo organizzativo e personale: leadership, gestione dei conflitti, crescita personale, valorizzazione delle potenzialità, intelligenze multiple, motivazione, gestione del cambiamento, senso della frustrazione, senso personale del rischio, team building e gestione delle persone, nonchè  ciò che riguarda le dinamiche organizzative, la cultura, le reti di influenza, il cambiamento organizzativo e i modelli organizzativi (vedi Catalogo corsi ).

Mi piace comunicare e scrivere. Oltre ad alcune pubblicazioni a tema (vedi Pubblicazione sul cambiamento e Pubblicazione sul Metodo), annovero anche alcuni racconti, uno dei quali è stato premiato al Concorso Letterario “Albatium” 2018.

La casa editrice END Edizioni ha pubblicato nel luglio del 2024 il mio primo romanzo, dal titolo “Pochi passi dal futuro”, sul tema del cambiamento, soprattutto in ambito lavorativo, tra Milano e la Valle d’Aosta.

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